sabato 23 aprile 2011

•Recensione: BERNARDIN DE SAINT-PIERRE: Paul et Virginie


•Il Libro: «N'aie pas peur, je me seas bien fort avec toi.»

Paul et Virginie - William Calder Marshall
Hans Axel Von Fersen era un uomo che di certo non passava inosservato.
Alto ben un metro e novanta, atletico, spalle larghe e volto aperto, colpiva i cuori delle nobildonne di tutta Europa con i suoi brillanti occhi azzurri, ornati da lunga ciglia nere, e la sua aria misteriosa e riservata, che gli avevano fatto guadagnare l'appellativo di Le Beau Fersen. L'indiscusso fascino che lo accompagnava fin dalla più giovane età colpirono in particolare il cuore di una delle regine più famose della storia, Maria Antonietta, che lo conobbe a soli diciotto anni durante un ballo in maschera.
L'amore appassionato, platonico o fisico che fosse, che sbocciò fra la Delfina di Francia e il bel svedese era cosa nota anche all'epoca: contemporanei sostennero che Maria Antonietta era addirittura incapace di dominarsi al cospetto del conte, principiando a tremare chiaramente alla presenza inaspettata del suo amante.

Nonostante le numerose relazioni amorose delle quali Maria Antonietta venne tacciata, di certo la più plausibile rimane quella con Fersen, che le rimase vicino anche nei tremendi momenti del Grande Terrore.
Leggenda vuole, infatti, che nel 1791, prigioniera dei rivoluzionari nelle Tuileries, Maria Antonietta sentisse l'esigenza di comunicare con il suo fascinoso amante, ma braccata dai propri persecutori necessitasse di un codice. Le venne quindi in mente di usare come cifrario un libro, una storia romantica che entrambi, come due novelli Paolo e Francesca, avevano grandemente amato. Si trattava di un racconto uscito pochi anni prima, di straordinario successo e con l'eccezionale potere di far palpitare i cuori e lacrimare gli occhi di tutta la Francia: il celeberrimo romanzo di Bernardin de Saint Pierre, Paul et Virginie.

Bernardin de Saint-Pierre
Pubblicato al tramonto del Secolo dei Lumi, Paul et Virginie è considerato il capolavoro di Saint-Pierre e una delle perle più pregiate della letteratura settecentesca francese.

Fin dal principio la tragica e straziante storia d'amore fra i protagonisti, Paul e Virginie appunto, scosse l'intera Francia lettrice: migliaia di bambini furono battezzati con i nomi dei due celebri amanti e l'isola Mauritius, idilliaca ambientazione del romanzo, li elesse come proprio simbolo. Si tratti di un albergo, una statua o una citazione, per l'odierno turista a cui capiterà (per sua fortuna) di aggirarsi per le strade di Port Luis non sarà di certo difficile incappare in un'opera dedicata ai due amanti, come il monumento a Curepipe o la sua copia esposta al Blue Penny Museum.

 La Tempête - Pierre Auguste Cot
Il principale motivo di successo del romanzo -un racconto lungo a tutti gli effetti, di neppure 150 pagine- è da ricercare senza dubbio nella figura di Virginie de la Tour, indimenticabile protagonista femminile delle vicende. Dolce fanciulla illibata, Virginie incarna mirabilmente, nelle intenzioni dell'autore, quell'Amore insieme platonico e cristiano che, dalla letteratura quattrocentesca al Romanticismo, ha assunto un ruolo decisivo nella cultura occidentale.
Neppure il più cinico dei lettori sarebbe in grado di rimanere impassibile di fronte alla purezza angelica e all'ancestrale ingenuità della fanciulla che, per l'intera sua breve esistenza, infranta dal contatto con la corrotta e crudele civiltà europea, ama con tutto il cuore Paul e si spende senza riserve per ogni creatura di Dio.

L'Amore elegiaco, intenso e purissimo provato dai due giovani segnò fortemente molte personalità della letteratura del vecchio continente, destinate a passare alla storia: fra questi Goethe, Manzoni, Balzac e Gozzano. A colpire, inoltre, era il fascino sapiente delle scrittura di Bernardin De Saint-Pierre, in grado di comporre in pochi tratti un classico lieve e profondo, impegnato come non mai sul versante etico e spirituale.

Le Printemps - Pierre Auguste Cot
Il tragico idillio di Paul e Virginie, trova il proprio palcoscenico in un ambiente naturale esotico e selvaggio, facilmente identificabile con  "la terra della felicità perduta" rousseauiana. Del pensiero di Rousseau, non a caso amico intimo dell'autore, Paul et Virginie richiama, infatti, molti aspetti: il mito tipicamente settecentesco di una condizione di naturale innocenza, la figura del "buon selvaggio", l'ideale di un'umanità eccellente, libera da costrizioni e pregiudizi, affrancata da ogni malvagità ed egoismo e completamente in armonia con la Natura in cui si trova immersa.
Paul e Virginie si amano fin dall'infanzia e nel bucolico paesaggio tropicale vivono un'esistenza dominata dalla felicità più candida. La semplicità e la naturalezza della vita sull'Isola Mauritius si riflette anche nell'amicizia che lega la madre di Virginie, la nobile Madame de la Tour, e quella di Paul, Marguerite, una contadina bretone, entrambe accomunate da un tragico destino che le ha portate a rinnegare le proprie origini e a "rinascere" nella colonia francese. L'intenso e apparentemente inscalfibile idillio fra i protagonisti giunge al termine dal momento in cui una ricca e dispotica zia chiama improvvisamente Virginie in Francia per darle un educazione. Con l'imbarco della fanciulla il legame con Paul è destinato a infrangersi, fino a quando la morte non riunirà i due amanti, separati e tormentati da una civilità straniera, avversa e sconosciuta, ormai molto lontana dall'umanità autentica.

Paul et Virginie non è in sè solo un testo poetico e struggente, ma è in grado di sfruttare i registri dell'immaginazione fino a raggiungere una vera e propria meditazione metafisica.
Infatti Bernardin de Saint-Pierre scrive Paul et Virginie con «Lo scopo d'indicare la natura e, approssimativamente, l'estensione dei cambiamenti indotti dall'azione dell'uomo nelle condizioni fisiche del globo che abitiamo; mostrare i pericoli che può produrre l'imprudenza, e la necessità di precauzione in tutte quelle opere che, in grandi proporzioni, s'interpongono nelle disposizioni spontanee del mondo organico ed inorganico; suggerire la possibilità e l'importanza del ristabilimento delle armonie perturbate, e il miglioramento materiale di regioni rovinate ed esaurite; e illustrare incidentalmente il principio che l'uomo è, tanto nel genere quanto nel grado, una potenza di un ordine più elevato che non sia qualunque altra forma di vita animata che al pari di lui si nutre alla mensa della generosa natura».

Le Naufrage - Claude Joseph Vernet
I veri meriti di Paul et Virginie, tuttavia, sono quelli proprio di una storia raccontata in lingua semplice, naturale e vera, capace di toccare il cuore comune del mondo. E' in questa accezione che Paul et Virginie diventa un opera classica preminente, popolarissima al momento della pubblicazione ma, oggi, quasi dimenticata.
Perfino Guido Gozzano, toccato dalla profonda purezza stillante dalle pagine di Saint-Pierre, decide di rendere omaggio alla sventurata vicenda di Paul e Virginie, componendo una delle sue poesie più tragiche e commoventi, dedicata ai "figli dell'infortunio", amanti miserabili di una "giocosa aridità larvata di chimere".

Io fui Paolo già. Troppo mi scuote
il nome di Virginia. Ebbro e commosso
leggo il volume senza fine amaro;
chino su quelle pagine remote
rivivo tempi già vissuti e posso
piangere (ancora!) come uno scolaro...
[...]

Virginia ride al limite del bosco
e trepida saluta...
Risorge chiara dal passato fosco
la patria perduta
che non conobbi mai, che riconosco...
[...]

Virginia, ti rammenti
di quella sempiterna primavera?
Rammenti i campi d'indaco e di the,
e le Missioni e il Padre e il Viceré,
quel Tropico rammenti, di maniera,
un poco falso, come piace a me?...
[...]

Ti chiamavo sorella, mi chiamavi
fratello. Tutto favoriva intorno
le nostre adolescenze ignare e belle.
Era la vita semplice degli avi,
la vita delle origini, il Ritorno
sognato da Gian Giacomo ribelle.
Di tutto ignari: delle
Scienze e dell'Indagine che prostra
e della Storia, favola mentita
[...]

Immuni dalla gara che divampa
nel triste mondo, crescevamo paghi
dei beni della rete e della freccia;
[...]

Era la nostra vita come quella
dei Fauni e delle Driadi felici.
[...]

Ma giunse l'ora che non ha conforto.
Seco ti volle nei suoi feudi vasti
la zia di Francia, perfida in vedetta.
Il Viceré ti fece trarre al porto
dalle sue genti barbare! E lasciasti
lacrimando la terra benedetta,
ogni cosa diletta
più caramente, per la nave errante!
Solo, malcerto della mia sciagura,
vissi coi negri e le due madri affrante;
ti chiamavo; nei sassi e nelle piante
rivedevo la tua bianca figura
che non avrei rivista...
[...]

Appaiono le vele
del San Germano al balenar frequente,
stridono procellarie gemebonde,
albàtri cupi. Il mare si confonde
col cielo apocalittico. La gente
guata la nave tra il furor dell'onde.
Tutto l'Oceano Indiano
ribolle spaventoso, ulula, scroscia,
ma sul fragore s'alza un grido umano
terribile d'angosca:
- Virginia è là! Salvate il San Germano!... -
[...]

Il San Germano affonda. I marinai
tentano indarno il salvataggio. Tutti
balzano in mare, da che vana è l'arte.
[...]

Virginia ecco in disparte
pallida e sola!... Un marinaio nudo
tenta svestirla e seco darsi all'onda;
si rifiuta Virginia pudibonda
(retorica del tempo!) e si fa scudo
delle due mani... Il San Germano affonda;
il San Germano affonda... Un sciabordare
ultimo, cupo, mozzo:
e non rivedo al chiaro balenare
la nave!... Il mio singhiozzo
disperde il vasto singhiozzar del mare.
[...]

Era l'alba e il tuo bel corpo travolto
stava tra l'alghe e le meduse attorte,
placido come in placido sopore.
Muto mi reclinai sopra quel volto
dove già le viole della morte
mescevansi alle rose del pudore...
[...]

Morta giacevi col tuo sogno intatto,
tornavi morta a chi t'amava tanto!
Nella destra chiudevi il mio ritratto,
con la manca premevi il cuore infranto...
- Virginia! O sogni miei!
Virginia! - E ti chiamai, con occhi fissi...
- Virginia! Amore che ritorni e sei
la Morte! Amore... Morte... - E più non dissi.

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