martedì 5 luglio 2011

•Recensione: MARGARET MITCHELL - Via col Vento (Gone with the Wind)

Era un lontano giorno del 1926 quando una piccola casalinga di Atlanta di nome Peggy Marsh, fu costretta a mettersi letto per un irritante infortunio alla caviglia. Peggy non era mai stata una paziente modello e, anche in questo caso, si dimostrò un'inferma terribilmente capricciosa. La sua irascibilità sembrava insanabile, nonostante le attenzioni dell'adorante marito John, che, per far contenta la sua amata, prosciugò tutte le riserve delle locali biblioteche, università e licei, pur di fornirle sempre nuovi libri, che, inevitabilmente, Peggy divorava in poche ore; questo, fino a quando non raggiunse un'impasse che non poteva essere colmata nè con tomi di medicina nè con libelli pornografici. 
Irritata oltremodo, Peggy decise quindi di seguire il consiglio del marito: sprimacciò i cuscini, si tirò un pò su nel letto, prese una risma di carta e iniziò ad abbozzare l'ultimo capitolo di un romanzo sulla Guerra Civile, che, alle soglie degli anni Trenta, era ancora una pagina di Storia impossibile da dimenticare per Atlanta. Peggy ancora non lo sapeva, ma dopo poche righe era già invischiata in un libro che non si poteva altrimenti definire che "epico". 

Dieci anni dopo, la stessa Peggy si ritroverà sommersa da plichi consumati, bustarelle e fogli ingialliti che, accuratamente impilati l'uno sull'altro, arriveranno a raggiungere il "quasi un metro e cinquanta con i tacchi" della sua altezza, pronta per la battaglia.
Fino a qualche ora prima era stata una sorridente e zuccherosa padrona di casa, ben lontana dall'irascibile scricciolo che porgeva di scatto un frammento del suo monolitico manoscritto al cacciatore di talenti letterari Harold Latham. E tutto questo perché una sciocca amica aveva messo in dubbio la sua capacità di scrivere!

Quando nell'Aprile del 1935 le era stato chiesto di portare Latham a visitare Atlanta, Peggy aveva accettato con rammarico, ma, una volta preso l'impegno, non venne a meno nel dimostrare la squisita ospitalità che solo una donna del Sud era in grado di offrire. Lo scarrozzò da un evento mondano all'altro, presentandogli tutte le persone che conosceva e affascinandolo con la sua parlantina fluente e la sua risata adamantina.
Alle insinuazioni di Latham, Peggy rispose sempre che no, non aveva nulla di interessante da presentargli, ma era ben lontana dall'immaginare come le forze della letteratura si sarebbero abbattute sul suo caparbio capino.
Un'amica dalla lingua tagliente, per caso, la udì parlare del suo manoscritto e interloquì con sarcasmo: si dimostrò, infatti, alquanto stupita di come una persona futile come Margaret "Peggy" Mitchell avesse qualcosa da dire, su qualsiasi argomento. Peggy scrollò le spalle, scoppiò a ridere insieme agli altri, ma dentro di sé ribolliva di collera. 
Appena lasciata la compagnia si precipitò nel suo appartamento cercando sotto i tavoli, sotto il letto e nell'armadio le buste in cui era contenuto il suo manoscritto. Aveva nascosto i fogli fra gli asciugamani e i vestiti, li aveva usati come poggiapiedi, sottobicchieri e fermaporta; erano macchiati di caffè, sbiaditi o ingialliti, ma tanto bastava. Li buttò in macchina e alla prima occasione li consegnò a Latham, in un eccesso di impulsività di cui si sarebbe pentita un attimo dopo. Ormai era fatta: la battaglia era ufficialmente cominciata

In fondo, questo comportamento non era di certo nuovo per lei: Peggy era abituata a scatenare battaglie e, nonostante nella vita avesse seguito il classico tragitto di una perfetta debuttante georgiana, dentro di lei infuriava una bufera, un vento inarrestabile che sovente la portava via con sè, distaccandola nettamente dal ritratto dell'educata ragazza del Sud che avrebbe dovuto essere.
Ad Atlanta, dove l'apparenza era tutto, Peggy riusciva stranamente ad essere ciò che la gente si aspettava da lei: elegante, seducente, adulatrice e brillante conversatrice; ma dentro di sè nascondeva uno spirito provocatore e ribelle. Aveva, infatti, ereditato la stessa ostinazione della madre Maybelle che sovente l'aveva messa in guardia dal dedicare la propria vita ad un uomo: «Dona te stessa a piene mani con un cuore traboccante amore, ma dona solo ciò che ti avanza dopo aver vissuto la tua vita».

Peggy prese a cuore questo ammonimento e ritrovandosi, dopo la morte della madre, a capo di una famiglia rispettabile, ad assolvere le annose seccature che ci si aspettava da una matriarca, iniziò a combattere la sua prima vera e grande battaglia. 
Fu con rapidità felina che riuscì a mettere insieme uno stuolo di corteggiatori adoranti al suo seguito e, per un certo periodo, si sforzò di recitare il ruolo della deliziosa fanciulla sudista, in uno Stato, la Georgia, che aveva riconosciuto il voto anche alle donne, ma che di certo non le incoraggiava ad esprimere un'opinione. E Peggy di opinioni ne aveva molte
Annoiata dalle perenni e insipide battaglie per conquistarsi il consenso della società più aristocratica di Atlanta, decise di uscirne fuori. 

I ruggenti anni Venti erano perfetti per lei e per il suo nuovo ruolo da "maschietta", i suoi rapporti equivoci e i suoi atteggiamenti ribelli.
L'apice venne raggiunto quando divenne moglie di Red Upshaw, contro la volontà di suo padre: il suo nuovo marito era così pericoloso, imprevedibile, bellissimo e dissoluto, la persona perfetta per tirarla fuori dalla noia opprimente e dalla cappa di pregiudizi di Atlanta!
Sposatasi per fuggire, Peggy, però, si ritrovò ben presto intrappolata nella gabbia di un uomo violento, un contrabbandiere bellicoso, che la mortificava e l'annientava.
Fu proprio per sfuggire dall'insolenza di Red, che Peggy iniziò a scrivere, prendendo l'ardua decisione di diventare una giornalista in una città che escludeva le donne dalla maggior parte delle redazioni. La guerra  divenne sempre più ardua.
Dopo che il marito la ferì così gravemente da farla finire in ospedale, lo lasciò, si abituò a dormire con una pistola accanto al letto e decise di risposarsi con l'ex testimone di nozze John Marsh, che l'adorava. E' proprio in questo humus di rancore, debolezza e fragilità che Peggy partorì il suo unico e mastodontico capolavoro: Via col Vento

Il romanzo, finalmente pubblicato, sbancò sul mercato e polverizzò tutti i record, vendendo 1.376.000 copie in un solo anno. Quando Peggy morì, nel 1949, il Washington Post dichiarò: «Se c'è una misura quantitativa del successo nella letteratura, Margaret Mitchell è stata la più grande autrice della sua generazione e, forse, del ventesimo secolo». 
Oggi Via col Vento è tradotto in 37 paesi e ha complessivamente raggiunto la quota di 30 milioni di copie, che lo rendono uno dei romanzi più venduti di tutti i tempi. Dal 1939, l'omonima versione cinematografica, con gli indimenticabili volti di Vivien Leigh e Clark Gable, ha ad oggi incassato 198 milioni di dollari, diventando una delle più grandi fabbriche di soldi della storia del Cinema.

Ma qual'è la vera origine di questo straordinario successo planetario? 
L'ispirazione per tutto ciò arrivò a Margaret Mitchell da un episodio avvenuto durante la sua infanzia. Un pomeriggio, l'adorata madre Maybelle, la portò con sé in una scampagnata su un carrozzino, mostrandole le meraviglie delle Contea intorno ad Atlanta: orgogliosa le indicò le piantagioni e le un tempo lussuose magioni dei latifondisti, fatiscenti ma ancora in piedi come un monito, a segnalare le vergogne della Guerra Civile. Quel senso di ammirazione mista ad amarezza, che subitaneamente invase Peggy, non la abbandonò mai più. 

Scrivendo Via col Vento, Peggy si era impegnata in qualcosa di molto più straordinario di un libro lunghissimo; quelle 1037 pagine facevano parte dell'eterna battaglia che la impegnò per tutta la vita: una battaglia in cui si cercava disperatamente di dare un senso a un mondo fortemente tradizionale, che le chiedeva soltanto di tenere alto il buon nome della sua famiglia e di acquisire la perfetta padronanza delle usanze sudiste. Da qui nasce la narrazione doppia, volta a descrivere un mondo perduto e un modo di vivere ormai irrimediabilmente morto con le vicende di un'eroina immortale, intrecciando nascita, amore e morte ai fatali eventi storici.
La storia dell'indimenticabile Rossella O'Hara, viene intessuta abilmente su uno sfondo storico complesso e contraddittorio come l'eroina che si ritrova a viverlo, una donna le cui lotte interiori sono degne delle Termopili. In fondo, il cuore del libro, è proprio ciò che la sua autrice Peggy conosceva meglio di ogni altra cosa: la battaglia. La Mitchell stessa, nel 1936 affermò che se mai Via col Vento si fosse dovuto condensare in un tema, questo era proprio quello della Sopravvivenza, ovvero quella forza comandata da non si sa quale bislacco Fato, che porta alcuni individui a sbocciare splendenti durante le catastrofi, dando prova di tutto il proprio coraggio e la propria forza, mentre altri ne rimangono irrimediabilmente annichiliti. Alcune persone semplicemente sopravvivono, altre no. Quali sono quelle qualità che permettono alle prime di combattere trionfalmente per la propria vita, plasmando la propria strada, e che fatalmente mancano a coloro che vengono sommersi dagli eventi? 

Via col Vento è senza dubbio un romanzo travolgente, che svolge la sua complessa narrazione durante un momento cruciale nella storia americana: la Guerra Civile. Pubblicato nel corso di un'altra epoca di importante transizione per la cultura degli Stati Uniti, la Grande Depressione, l'opera di Margaret Mitchell incarna tutto ciò che significava America in quei tempi, catturandone l'essenza e trasponendola con il linguaggio vivido e suggestivo della letteratura. A dipingere l'America, al contrario di quanto di possa pensare, non è unicamente lo stile di vita del Sud, la Guerra Civile, la schiavitù o gli yankees, ma sono, soprattutto, gli individui, che su questo sfondo nascono, crescono, si amano, si trasmutano e muoiono.
L'America, in fondo, non è altro che una società di individui, fondata sul concetto stesso di individuo, che diventa estremamente lampante nella Dichiarazione di Indipendenza dove fu scritto: «Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità». 
Sia giusto o sbagliato il modo in cui essi agiscono, è innegabile affermare che tutti i personaggi di Via col Vento dedichino la loro intera esistenza perseguendo proprio questo, anelando la propria Libertà, la forma di Vita a loro più congeniale e un'assurda e irraggiungibile Felicità. E mentre le intere vicende si dipanano intorno al nucleo centrale di una protagonista straordinaria, Rossella O'Hara, l'intero romanzo si fonda sul carattere e sulle vite di molti altri individui diversi, da Melania Hamilton a Rhett Butler, da Ashley Wilkes all'adorabile Mammy. Ogni singolo personaggio di questo prodigioso racconto è un ritratto dell'America e rivela un diverso aspetto di quello che un americano, anche oggi, è.

Il motore delle vicende, è il senso di appartenenza a un florido e palpitante Stato, la Georgia, e l'amore per la terra rossa delle piantagioni di cotone, il fondamento di una civiltà. La Georgia settentrionale non era sempre stata ospitale: era una regione aspra, abitata da gente aspra anch'essa, abituata sia al gelido freddo invernale che all'afoso caldo estivo. Nel suo popolo vi era un vigore e un'energia che sorprendevano qualsiasi straniero, anche coloro che provenivano dalla Costa, come l'aristocratica Elena Robillard, futura madre di Rossella O'Hara.
La gente del settentrione era buona, gentile e generosa, ma al contempo risoluta, caparbia e facile all'ira. Questi singolari abitanti venivano da molti luoghi diversi, da regioni limitrofe, ma anche dall'Europa e dal Nord, recatisi colà a cercare fortuna, trapiantati in una terra straniera senza alcun avere, se non il sangue irrequieto dei propri antenati nomadi che scorreva nelle loro vene. 

Ciò che dava fertilità a questa terra era l'ondata di prosperità che volgeva il suo volto verso il Sud: tutto il mondo chiedeva cotone e la Contea era ben felice di offrirne in abbondanza; il cotone era il cuore pulsante della Georgia, «la semina e il raccolto le sistole e le diastole della vermiglia terra». Dai solchi sinuosi, dai cespugli, dal verde e dal bianco fioccante derivava l'arroganza e la certezza dell'indomani, che inondava gli abitanti del Sud di un entusiasmo e una gioia di vivere sconosciuti ai più. Avevano abbastanza denaro per divertirsi e lo facevano volentieri: la riunione settimanale nell'imponente magione dell'uno o dell'altro non veniva mai a mancare, così come le partite di caccia, le corse di cavalli e i lussuosi balli ravvivati dalle risate cristalline delle più belle e fresche fanciulle di quella terra. Era un popolo che non aveva reticenze, comandato dalla più squisita galanteria che imponeva franchezza e rettitudine e che portava ad apprezzare un uomo semplicemente per quello che era. 

In tutta questa sfavillante società rurale, il ruolo di una donna era fondamentale, ma di certo non facile. In quell'epoca il mondo era degli uomini e così doveva essere accettato. L'uomo era lodato e la donna lodava;  l'uomo poteva essere sgarbato, ubriaco o disobbediente e la donna doveva sopportare senza parlare; l'uomo poteva infuriarsi e sbraitare per una scheggia che gli pungeva il dito, mentre le donne dovevano soffocare i gemiti del loro parto per non disturbare i propri mariti. Gli uomini potevano essere assenti o rudi, mentre le donne non mancavano mai di essere gentili e disposte a perdonare. Veniva insegnato loro ad essere civettuole e briose da nubili, ma anche a conservare il proprio sorriso persino durante i più atroci dolori. E tutto ciò era quello che la società si aspettava da una ragazza deliziosa come Rossella O'Hara

Il suo destino non poteva essere altro che quello de "La Belle del Sud", archetipo della giovane donna sudista appartenente alla vecchia upper class, la cui maggior attrattiva non era rappresentata dalla sua bellezza fisica -anche se, in Rossella, non mancava di certo- , ma piuttosto dal suo fascino. Una tipica bellezza di questo genere era rappresentata dalla madre, Elena O'Hara Robillard, idealizzata quasi come la Vergine del Vangelo, la cui schiena non vide mai riposo in vita e il cui spirito era continuamente pronto a diffondere calma e giustizia. 

Tuttavia Rossella era ben lungi dal conformarsi alla tradizione e, soprattutto, dall'assomigliare a sua madre.
Con grande indignazione della propria bambinaia di colore, l'indimenticabile Mammy, ella preferiva di gran lunga come compagni di gioco i bambini degli schiavi e i maschietti del vicinato, al posto delle sue ubbidienti sorelline o delle educate signorine Wilkes. D'altronde, questa caratteristica le gioverà notevolmente al suo debutto in società; senza alcuna amica, ma con un fascino irresistibile, riuscirà ad accaparrarsi come corteggiatori tutti i suoi compagni di infanzia e ciò, di certo, non dispiacque a sua madre: il primo dovere di una fanciulla, infatti, era quello di sposarsi
A tal fine Elena O'Hara e Mammy si prodigarono in sforzi notevoli per rendere Rossella una buona allieva, ottenendo ottimi risultati: nessuna fanciulla della Contea parlava più graziosamente di lei, sapeva sorridere con garbo, muoversi in maniera pudica e allo stesso tempo attraente e fingere tremiti di dolci emozioni con un solo battito di ciglia; ma, soprattutto, aveva imparato a nascondere agli uomini un'intelligenza estremamente acuta e una lingua tagliente, mascherando il tutto dietro un visino dolce e innocente come quello di una bambina.

Rossella O'Hara, infatti, imparò solo la vernice, il tratto superficiale della gentilezza, senza mai veramente apprendere la grazia interiore dalla quale questa doveva sgorgare. La società voleva apparenza e lei questo riservava alla società, non desiderando nulla di più, se non di essere la ragazza più affascinante e corteggiata della Contea. 
Rossella voleva sposarsi -e sposare un uomo in particolare, Ashley Wilkes- e se questo comportava l'apparire in maniera modesta, docile e leggera, non avrebbe di certo deluso le aspettative. Non sapeva perché gli uomini fossero attirati da ciò, ma visto che tutto funzionava, non occorreva lambiccarsi al riguardo. Quell'insieme di civetterie seducenti era come l'applicazione di una formula matematica e la matematica era l'unica materia che Rossella aveva appreso senza alcuna difficoltà a scuola. La natura profonda di chi la circondava, i sentimenti altrui e l'analisi dei moti interiori dell'animo le interessavano davvero poco: il raziocinio maschile le appariva alquanto oscuro e conosceva ancor meno quello femminile. Non aveva alcun interesse per le donne, le quali, per lei, non erano altro che nemiche naturali che inseguivano la medesima preda: l'uomo da sposare.
Questo è il modo in cui Margaret Mitchell ci presenta Rossella O'Hara al principio del suo capolavoro. Tuttavia, è un idillio che durerà ben poco: la Guerra Civile cambierà irrimediabilmente tutto

Rossella O'Hara si rivelerà un'eroina atipica: egoista, vanesia ed egocentrica, penetrerà nell'animo del lettore come una spina imbevuta del più dolce veleno. Incostante e volubile, sprecherà una vita intera a inseguire l'immagine di uomo senza mai capirlo veramente, maltratterà i figli, allontanerà da lei tutte le persone veramente care e disprezzerà coloro che le vorranno bene. 
Eppure la sua forza d'animo, il suo spirito battagliero, la sua caparbietà, diventeranno un ossessione per il lettore di Via col Vento, che si sentirà preso in trappola dalla vorticante personalità di questo personaggio. Inadatta a nient'altro che al lusso, è con stupore crescente che osserveremo Rossella resistere alla bufera della guerra, sollevarsi la gonna per partorire o trascinare nel buio, nel fango e nelle fiamme Melania Wilkes, l'odiata moglie del suo intramontabile amore Ashley. 

Rossella è fondamentalmente una guerriera e, come tale, non è mai del tutto gradevole o soave. In Rossella O'Hara vi è qualcosa di crudele e vitale allo stesso tempo che spezza le barriere della Storia, della fame, del dolore, inarrestabile, temibile e affascinante come un tornado o un'eruzione vulcanica. Non si è in grado di rimproverarla o di disprezzarla completamente, neppure quando soffia il fidanzato alla sorella, quando spara in faccia a uno yankee o quando distrugge tutto l'amore che la circonda. E che strazio osservarla mentre abbandona la poca dolcezza di materna memoria, per trasformarsi in una donna dura, disposta a vendere il proprio corpo pur di non separarsi dall'adorata e venerata Tara, la sua terra d'origine, la sua casa, suo sogno e sostegno. 
Il lettore, senza fatica, proverà la stessa incrollabile ammirazione che Ashley Wilkes svilupperà verso di lei, vedendola allontanarsi dal suo amore e rinunciare ai sentimenti, con un tremito, irrigidendo le spalle e sollevando la testa. In fondo, Rossella, era colei che gli faceva percepire in maniera più vibrante la propria inettitudine, rendendolo nulla in confronto all'anima più intrepida che egli avesse mai conosciuto. Comprendeva che quella straordinaria donna era in grado di guardare la vita dritta negli occhi, opponendo il suo forte spirito a qualunque ostacolo le si presentasse e continuando inesorabilmente a combattere anche quando la sconfitta appariva inevitabile.

Ed è proprio a questo punto che il Fato gioca la sua carta più crudele, ponendo sulla strada di Rossella la sua anima gemella, Rhett Butler, ma impedendole di comprendere veramente il suo ruolo se non al capolinea, quando ormai è troppo tardi. 
L'oscuro e appassionato Rhett Butler, come Rossella, aveva infatti catturato e compreso il segreto per sopravvivere, applicandolo con una tecnica tanto particolare quanto difficoltosa: non curarsi dei giudizi altrui e piegarsi dinanzi all'inevitabile. Come cita l'antico aforisma, entrambi avevano infatti capito che non occorreva resistere alle intemperie del tempo ergendosi fino a spezzarsi -come farà una buona parte della società sudista dopo la sconfitta della Guerra Civile-, ma era necessario unicamente flettersi come il giunco in balia del vento. Davanti alle disgrazie Rossella e Rhett arriveranno a piegarsi all'inevitabile, sopportando i più atroci dolori con il sorriso, per poi, una volta nuovamente forti, dare un poderoso calcio alle persone dinanzi alle quali furono costretti a genuflettersi. 

Il sardonico e affascinante Rhett, si rivelerà, alla fine di tutto, l'unico vero baluardo a cui aggrapparsi, il luogo caldo e sicuro in cui rifugiarsi, celato a Rossella dalla caligine della sua mente, prodotta dall'amore ancestrale provato per Ashley. 
Rhett era il petto vigoroso su cui appoggiarsi e piangere, le braccia forti che potevano sorreggerla, l'ironica risata che faceva apparire la realtà per quella che veramente era. Rhett, al ballo per la beneficenza, aveva letto nei suoi occhi velati dal lutto la sua impazienza e, sfidando le più rigide convenzioni, l'aveva fatta ballare; Rhett l'aveva aiutata a liberarsi dalle sue costrizioni e l'aveva accompagnata attraverso il fuoco e le esplosioni la notte in cui Atlanta era caduta; l'aveva pungolata, derisa, ascoltata e consolata, rimanendo sullo sfondo in tutti i momenti cruciali della sua vita, amandola disperatamente
Eppure, troppo tardi il destino permetterà a Rossella di capire il vero valore del suo amore, così come solo davanti al baratro della morte comprenderà anche la straordinaria forza di Melania e la vera natura di Ashley.

Per anni e anni, accecata dall'avvenire, si era appoggiata, senza saperlo, alle solide mura di Rhett, come quelle della dolce Melania, l'unica vera amica che avesse mai avuto. 
Melania: così minuta, remissiva e angelica, incapace persino "di fare 'sciò' a una gallina". Eppure Melania, nel corso delle vicende, aveva dimostrato di essere in grado di farè "sciò" a ben più di un pollastro, sfidando tutto il mondo, il governo yankee e chiunque avesse minacciato il suo Ashley, il suo bambino o la sua cara Rossella. E per quest'ultima, il suo affetto era senza limiti: legata a lei da un misterioso patto di gratitudine, era stata sempre pronta a combattere, al suo fianco, discreta come un'ombra, ma con la sciabola in mano, lottando con lei con appassionata fedeltà contro yankees, fuoco, povertà, contro l'opinione pubblica e, perfino, contro i legami di sangue. 

Tutto questo appare improvvisamente come una visione a Rossella, dispiegandosi definitivamente chiaro e lampante anche di fronte al lettore, così come emerge l'essenza di una delle figure più enigmatiche del romanzo, quella di Ashley Wilkes
Ashley, che conserva in sè l'incanto, l'ingenuità e la pateticità del primo amore adolescenziale, è anch'esso un eroe, ma in completa opposizione a Rhett Butler. Mentre quest'ultimo odia qualsiasi tipo di ipocrisia, non celando nulla ai suoi occhi e prosciugando anche l'ultima punta di dolcezza dalla realtà apocalittica che si ritrova a vivere, Ashley rimane un personaggio onirico ed enigmatico, un esule senza radici, spinto da una sete infinita di libertà e grandezza; un'inquietudine senza nome e il dolore per lo splendore della vita perduta renderanno Ashley una vittima del Fato, reso diverso dall'umanità comune, incapace di esprimere il suo disdegno in gesti clamorosi, ma votato ad avviluppare la propria vita nei sogni senza mai tradurli in azione, esprimendo il proprio rifiuto con la solitudine, la malinconia e la contemplazione angosciosa della propria impotenza. Ed è proprio in questo personaggio, spesso valutato come irritante e insipido, che si concretizza il cambiamento dell'intera realtà sudista, sconfitta e prostrata dalla guerra, ma non ancora pronta a perdere la propria dignità. 

I volti del popolo del Sud, dopo la Guerra, erano poco cambiati e i modi non lo erano affatto: vi era una galanteria immutata, che i gentiluomini come Ashley avrebbero conservato fino alla morte, insieme, tuttavia, a un'amarezza troppo atroce per essere espressa a parole. I sudisti erano un popolo ardito, ma stanco, sconfitto ma non disposto ad accettarlo. Costoro vivevano ancora nella terra che amavano, ma la vedevano calpestata, bruciata, rasa al suolo dal nemico: i furfanti al potere, i loro uomini privati dei diritti politici e le loro donne insultate. Tutto ciò che rimaneva di loro erano le antiche usanze, immutate; restavano aggrappati a ciò che avevano amato: la cortesia, le maniere galanti e la piacevole superficialità dei rapporti sociali. Ma come biasimarli? 
Rossella era diversa e pertanto le era impossibile capire Ashley e quelli come lui. Rossella arriverà a detestare coloro che ormai le arriveranno ad apparire come estranei, dei pazzi orgogliosi; quanta incomprensione verso quelle donne che continuavano cocciutamente a mantenere un atteggiamento da signore nonostante quotidianamente si dedicassero a umili lavori, mentre lei non riusciva a sentirsi meno di un relitto se non indossando un abito di velluto, nonostante l'orgoglio dei suoi natali e la ricchezza di un tempo. L'atroce contatto con la rossa argilla di Tara l'aveva privata di ogni dolcezza, l'aveva resa forte, ma le aveva imposto di non contemplare più il passato, pena la sua eterna perdizione. 
Ed è proprio in questa presa di consapevolezza che Margaret Mitchell inserisce la propria morale, la formula magica per la Sopravvivenza: non guardarsi mai indietro.

La celeberrima battuta finale di Via col Vento dovrebbe essere recitata da ognuno di noi come un mantra; la straordinaria potenza delle parole «Dopo tutto, domani è un altro giorno», si imprime a fuoco nella mente del lettore. Offesa e umiliata, lasciata di nuovo completamente sola, Rossella ha ancora l'ardore di volgere gli occhi verso l'avvenire. Ed è questa la vera essenza del successo del popolo americano: gli americani sono sopravvissuti a qualsiasi dramma storico imponendosi di non volgersi mai al passato. La fondazione stessa dell'America si basa sul movimento in avanti: perché, altrimenti, orde di clandestini avrebbero dovuto attraversare un oceano e abbandonare la loro intera esistenza e gli affetti, prendendo l'ardua decisione di stabilirsi in un Nuovo Continente?

Rossella O'Hara e la sua creatrice marchiarono a fuoco sulla loro pelle questo monito, a cui furono debitrici del loro successo e dei loro errori. Entrambe abilissime nell'attacco a sorpresa, furono, loro malgrado, travolte dagli eventi.
Peggy Mitchell fu colta alla sprovvista dal successo di Via col Vento: il libro che aveva tenuto celato al mondo per così tanti anni scatenò una vera e propria rivoluzione, le fece vincere un Premio Pulitzer e determinò l'inizio di una nuova vita in cui Peggy doveva farsi spazio fra pettegolezzi e fanatici importuni. Affrontò questa ennesima sfida ergendo muri difensivi e segnando intorno a sè, come molti altri autori, invalicabili perimetri di protezione. Negli anni successivi combatté assiduamente per difendere la propria privacy con la stessa tenacia con cui si era battuta per il successo e l'affermazione di sé stessa, resistendo alle eterne -ancor oggi durature- critiche per il suo caratteraccio, il razzismo e il presunto stile da illetterata.

Via col Vento non è una lettura così immediata e semplice, come ci si potrebbe aspettare; i suoi personaggi sono spesso e volentieri sgradevoli e irritanti, ricchi di chiaro-scuri e di contraddizioni; commettono tragici  errori, vomitano, imprecano, uccidono, infrangono la legge e qualsiasi morale. Ma si completano. L'essenza profonda della natura umana risiede sia nell'irriverenza e nella caparbietà di Rossella, arricchita dalla dolcezza e dall'ingenuità di Melania, così come nell'ironia spregiudicata di Rhett che si compenetra nella galanteria sognatrice di Ashley.

Annichilita dal suo stesso successo e dalla lunga malattia del padre, Margaret Mitchell abbandonerà la sua vocazione per la scrittura per lungo tempo, fino al 1949, quando, divenuti i suoi impegni meno pressanti, si risolverà a riprendere in mano la macchina da scrivere. Ma la sera dell'11 Agosto 1949 il Fato le giocherà l'ultimo tragico scherzo: morirà dopo cinque giorni di coma, per essere stata investita da un taxista ubriaco proprio ad Atlanta, sulla Via dell'Albero di Pesco, dove gli immortali personaggi di Via Col Vento passarono e vissero per epoche intere.
L'improvvisa dipartita, impedì a Margaret Mitchell di realizzare, anche nella morte, la privacy che desiderò così ardentemente in vita. I custodi dell'Atlanta Oakland Cemetery affermano come, tutt'ora, turisti a profusione rendano omaggio alla sua tomba. «Vengono praticamente da tutte le parti del mondo. Si aspettano di trovare un grande santuario, e tutto ciò che gli appare davanti agli occhi è una semplice pietra»... ed è questo che, certamente, Margaret Mitchell avrebbe voluto.
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Nelle immagini: 
1) "Gone With the Wind" (1939) - Victor Fleming
    Vivien Leigh as Rossella O'Hara and Clark Gable as Rhett Butler
2) Margaret Mitchell - writing
3) Margaret Mitchell - reading
4) Margaret Mitchell portrait
5) Margaret Mitchell as journalist
6) Vivien Leigh as Rossella O'Hara and Clark Gable as Rhett Butler
7) Vivien Leigh as Rossella O'Hara, Leslie Howard as Ashley Wilkes and other characters
8) Vivien Leigh as Rossella O'Hara at Tara
9) Vivien Leigh as Rossella O'Hara and Thomas Mitchell as Geraldo O'Hara
10) Vivien Leigh as Rossella O'Hara
11) Vivien Leigh as Rossella O'Hara and Hattie McDaniel as Mammy
12) Vivien Leigh as Rossella O'Hara
13) Vivien Leigh as Rossella O'Hara
14) Vivien Leigh as Rossella O'Hara
15) Clark Gable as Rhett Butler and Vivien Leigh as Rossella O'Hara
16) Olivia de Havilland as Melania Hamilton and Vivien Leigh as Rossella O'Hara
17) Leslie Howard as Ashley Wilkes and Vivien Leigh as Rossella O'Hara
18) Screencap from Gone With the Wind - Civil War at Atlanta
19) Vivien Leigh as Rossella O'Hara
20) Vivien Leigh as Rossella O'Hara
21) Vivien Leigh as Rossella O'Hara and Clark Gable as Rhett Butler

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